Nemik

Share this post

È tutta colpa degli ingegneri?

nemik.substack.com

È tutta colpa degli ingegneri?

Dal "tutti dovrebbero saper programmare" al "ingegneri brutta gente": proviamo a fare pace con il cervello?

Davide Tarasconi
Nov 18, 2022
1
Share this post

È tutta colpa degli ingegneri?

nemik.substack.com
Article voiceover
1×
0:00
-6:12
Audio playback is not supported on your browser. Please upgrade.
Elon Musk, per altro, non è un ingegnere.

Aneddoto divertente da riportare in occasione del ventennale del mio esame di maturità: i miei professori e professoresse che all’orale della maturità, in coro, fondamentalmente mi dicono “Fai quello che vuoi, basta che non vai ad ingegneria”.

Non che ci fosse bisogno di reiterarlo: dopo aver rischiato di essere bocciato in terza superiore, andavo comunque male in meccanica, andavo male in matematica, ero poco più che sufficiente in un’altro paio di materie tecniche.

Avevo già deciso di seguire un corso di laurea sperimentale che ibridava informatica ed economia, e di sperare per il meglio.

Fast forward di vent’anni e, ironia della sorte, ho perso il conto delle persone convintissime che io fossi un ingegnere solo perché mi occupavo di sviluppo software: poi, forse, effettivamente, avevano ragione i miei professori delle superiori e ho smesso di scrivere codice per dedicarmi ad attività più “umanistiche” come il project management prima e il coaching, la formazione, la facilitazione e il mentoring poi.

Resta il fatto che il mio background, anche ad anni di distanza dall’ultima riga di codice che ho scritto, resta molto più tecnico di quello della stragrande maggioranza di persone.

Restiamo un Paese molto indietro sul quel fronte, in cui chi ha competenze tecniche rappresenta una minoranza, le cui competenze e operato risultano misteriosi ai più.

Nell’ambito del software, poi, questo significa anche possibilità di carriera, guadagno, successo e mobilità più o meno meritate ma decisamente molto più alte della media.

Possibilità di cui ho ampiamente beneficiato, pur non essendo un ingegnere. Non sono l’unico, per altro.

Dato il contesto italiano quindi mi ha fatto sollevare il sopracciglio questo articolo de Il Post, intitolato “La cultura parziale dei capi delle aziende tecnologiche della Silicon Valley”.

Nonostante mi sembri qualitativamente un brutto articolo, che sembra generato da una AI e corretto da uno stagista, sta venendo ripreso e condiviso da parecchie persone.

La tesi secondo cui la formazione accademica di un imprenditore o imprenditrice ne influenzi in meglio o in peggio il comportamento mi sembra un po’ debolina e tagliata con l’accetta.

Se sei un imprenditore o una imprenditrice con tendenze sociopatiche, cambia poco che tu sia un ingegnere o un filosofo.

Quella gente non è arrivata lì perché erano degli eccezionali tecnologi, sono arrivati lì perché erano e sono degli inarrestabili sociopatici — Non deve passare in secondo piano che si usa l’aggettivo “seriale” sia per imprenditori che per i killer.

Se questi personaggi, con evidenti limiti comportamentali e psicologici ma tantissimo potere di persuasione, non si fossero dedicati ad aziende tecnologiche, sarebbero finiti a fare danni altrove.

Vedi alla voce: Donald Trump.

Quello che viene chiamato techno-solutionism (credere che qualsiasi problema possa essere risolto grazie alla tecnologia) è un orientamento ideologico che caratterizza sia persone con competenze tecnologiche che quelli che non ne sanno niente di tecnologia (“Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia”, diceva Arthur C. Clarke).

Una domanda molto più interessante rispetto a “Che mondo sarebbe se Zuckerberg fosse laureato in filosofia o Elon Musk in lettere?” (implicando non si sa bene perché che sarebbe un mondo automaticamente migliore…) è la seguente: perché continuiamo a idolatrare e lavorare per persone con evidenti tendenze sociopatiche?

(Spoiler: è perché vorremmo essere come loro — letteralmente, figurativamente, totalmente o parzialmente)

Il lavoro culturale da fare quindi non tanto è quello di insegnare la filosofia agli ingegneri o insegnare a programmare ai filosofi, ma capire quali sono i valori fondamentali, da esseri umani, che informano e guidano il nostro operato, indipendentemente dal pezzo di carta che ci è stato rilasciato o dal ruolo che svolgiamo al lavoro.

Mi hanno fatto spanciare i passaggi di quell’articolo in cui, fondamentalmente, si dice “È tutta colpa del capitalismo”, che teneri.

Questi imprenditori della Silicon Valley che tanto ci fanno schifo (o meglio, ci fanno schifo a giorni alterni, quando pare a noi) non hanno inventato il capitalismo: sono, eventualmente, un sotto-prodotto del capitalismo.

Attenzione ad invertire cause ed effetti.

L’aspetto che dovrebbe davvero preoccuparci non è il comportamento del singolo, ma il fatto che tante, troppe persone pensino che quello sia il modello unico per avere successo, e quindi, una domanda ancora più interessante e meno provocatoria rispetto al “Perché continuiamo a idolatrare e lavorare per persone con evidenti tendenze sociopatiche?”, sarebbe: “Perché pensiamo che quello sia l’unico modo possibile, se non il migliore, di operare per avere successo nella vita?”.

Come al solito, è molto più facile fare di Elon Musk un meme che prendersela con noi stessi e fermarsi a fare un esame di coscienza.

L’idea riportata nel titolo di quell’articolo, che esista una “cultura totale” contrapposta alla “cultura parziale”, poi, è un’idea che mi fa rabbrividire, tanto quanto l’idea del techno-solutionism: pensare che esista un tipo di cultura completa e quindi migliore di un’altra è essa stessa un’idea parziale e polarizzante tanto quanto pensare che ogni problema possa essere risolto grazie alla tecnologia.

Siamo un Paese che ha una carenza generalizzata e strutturale di competenze tecniche in tantissimi settori, che sforna ogni centinaia di migliaia di laureati e laureate in materie umanistiche che non trovano lavoro

1
: a giorni alterni denigriamo le “lauree inutili” oppure esaltiamo lo studio e l'applicazione delle cosiddette discipline STEM (Science, technology, engineering, and mathematics).

O viceversa, come in questo articolo: demonizziamo arbitrariamente le persone con un background tecnico sulla base di argomenti estremamente deboli e confusionari.

È veramente un brutto articolo, questo proposto da Il Post, a cui per altro sono abbonato e di cui apprezzo molto spesso l’operato.

Siamo persone prima, e professionisti solo poi, molto poi: nessuno ci guadagna da questa lotta —spero più inventata che reale— tra filosofi e ingegneri.

Un ringraziamento ad Alice e Marco che hanno fornito spunti per inquadrare bene diversi pensieri grezzi che avevo in testa.


Ho (ri)cominciato da poco a scrivere su Nemik, non ho ancora, e forse non avrò mai, un piano editoriale o una cadenza regolare, ma se vuoi ricevermi via email, puoi iscriverti qui sotto.

1

Non che io pensi che la laurea serva per lavorare, non voglio aprire anche questa tangente. Ma anche quello del considerare un percorso di studi solo ed esclusivamente in funzione a che lavoro ti permetterebbe di fare è un grosso problema culturale e strutturale italiano.

Share this post

È tutta colpa degli ingegneri?

nemik.substack.com
Comments
TopNew

No posts

Ready for more?

© 2023 Davide Tarasconi
Privacy ∙ Terms ∙ Collection notice
Start WritingGet the app
Substack is the home for great writing